Tisane: teoria delle formulazioni
In questo articolo non si intende richiamare il ricordo dell’antica abitudine di sorseggiare una bevanda calda e profumata, ma piuttosto parlare dei miglioramenti che questa pratica ha subito negli ultimi tempi. In un periodo frenetico e tecnologico, come quello dei nostri giorni le tisane meritano comunque una nuova considerazione. Nel diversificato panorama delle varie forme di rimedi alternativi le tisane mantengono una loro specifica collocazione. Nel tempo si è perfezionata sia la tecnica di estrazione che la preparazione delle miscele di piante officinali da utilizzare. Inoltre una sempre più diffusa volontà di evitare sostanze chimiche di sintesi ha determinato un vasto movimento culturale di ritorno verso i rimedi naturali. Nel trattamento dei piccoli disturbi, trova una nuova collocazione questo antico modo di utilizzazione delle piante officinali: la tisana.
Le tisane si preparano per macerazione, digestione, decozione e infusione. La macerazione (si usa talvolta per le radici) avviene a temperatura ambiente in un tempo lungo, ma comporta il pericolo di fermentazioni. L’infusione (parti delicate, sommità fiorite, foglie, fiori e alcune radici come Angelica, Bardana, Genziana) si effettua versando acqua bollente sulla droga, mentre la digestione (Anice, Anice stellato, Cannella, Cardamomo, Coriandolo, Cumino, Liquirizia) si compie versando del liquido caldo, non bollente, sulla droga e lasciandolo per un tempo relativamente lungo a temperatura costante. Nella decozione (Gramigna, Lichene, Orzo), invece, si porta ad ebollizione la droga insieme all’acqua, lasciando a contatto per un certo tempo prima di filtrare.
Ad oggi la definizione di tisana data dal Codex è di una preparazione acquosa che può essere leggermente zuccherata (10g/litro), destinata a servire sia da veicolo per diverse sostanze medicamentose, sia più spesso da bevande per ammalati. La tisana è una soluzione acquosa particolarmente arricchita di sali inorganici e non, mucillagini, amidi, vitamine.
Le conoscenze sulla farmacologia si sono decisamente arricchite e la farmacognosia ci ha insegnato quali sono le parti delle piante più ricche in principi attivi (droga); si è più accuratamente definito il tempo balsamico, le tecniche colturali e l’habitat ottimale affinché una pianta offra la maggior quantità di principi attivi. Nel tempo si sono perfezionate le operazioni di raccolta, essiccazione, taglio e conservazione delle piante medicinali. Il taglio delle erbe è studiato per migliorare la facilità di penetrazione dell’acqua bollente nei tessuti vegetali per accrescerne la solubilizzazione dei principi attivi stessi e di tutti gli altri componenti solubili.
Uno studio recente effettuato sulle foglie di Malva ha stabilito che un tempo di decozione di 20 minuti su foglie tagliate in piccole dimensioni permette un’estrazione di mucillagine tre volte superiore a quella ottenibile con l’usuale infusione. Altrettanto sviluppo hanno avuto le tecniche di associazione di varie droghe, per cui dalle vecchie miscele di 10-15 componenti di inutile complessità, si è giunti alle attuali formulazioni che in genere non contano più di 4 o 5 componenti diversi per miscela. Diverse piante unite insieme godono dell’effetto sinergico.
Lo schema di base per una corretta formulazione di una tisane prevede la scelta delle piante officinali più attive, usandole nel numero il più limitato possibile. Dovrà essere impiegato :
- il 60% in peso del rimedio di base (da 1 a 3 piante) a cui si deve l’effetto fondamentale;
- il 20% in peso di un adiuvante che compensa o rinforza l’azione del rimedio di base;
- il 10-20% in peso di un correttore per migliorare il sapore e l’aspetto (colore) della tisana.
Piante aromatizzanti sono: Menta, Anice, Finocchio, Liquirizia, Melissa, Verbena odorosa, Arancio scorze.
Piante coloranti sono: Karkadè e Papavero rosolaccio che danno colore ROSSO, Camomilla romana che dà il BIANCO, Fiordaliso e Lavanda danno il BLU, Calendula che dà il GIALLO, Malva foglie che dà il NERO.
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